Lavorare in ambito accademico può essere molto stimolante e gratificante da un punto di vista personale, ma possono essere necessari diversi anni prima di diventare docente di ruolo ed essere così titolari di una cattedra in università. Gli step da seguire sono numerosi ma il punto di partenza è necessariamente uno, il conseguimento della laurea, a seconda di ciò che si vuole insegnare. Se l’idea di partenza è quella di lavorare in ambito accademico, è bene iniziare fin da subito ad instaurare un network all’interno del proprio ateneo. Ciò significa frequentare anche seminari o convegni di approfondimento legati alla materia verso cui si è più interessati e non limitarsi solo alle lezioni in aula. Un aspetto che non può essere tralasciato è legato al voto di laurea: se questo può non risultare fondamentale in ambito lavorativo extra-universitario, diviene cruciale nel caso di un prosieguo negli studi.
L’ottima votazione, pertanto, è una richiesta quasi tassativa per lo step successivo, che equivale al concorso pubblico per il dottorato di ricerca. Per l’ammissione è necessario partecipare ad un bando, sia per quanto riguarda le università online come Unicusano sia quelle tradizionali. La richiesta è molto elevata e in genere i posti messi a disposizione sono pochi, per questo il voto di laurea risulta fondamentale: viene infatti data priorità a coloro che sono usciti dal percorso precedente con una votazione maggiore. Tra le caratteristiche del dottorato di ricerca vi è l’aspetto legato alla borsa di studio: vincere il bando non equivale infatti all’ottenimento di una borsa di studio dal momento che vi sono posti senza borsa, in cui cioè il dottorato in questione non viene retribuito. Per quanto riguarda la durata, solitamente è variabile e va dai 3 ai 5 anni al massimo. Negli ultimi tempi è diventata ormai prassi quella di uno scambio con università partner: ciò significa che il dottorando o la dottoranda sono chiamati a passare un periodo di studio e ricerca presso un’università straniera (un percorso simile a quanto avviene già nel percorso triennale con il programma Erasmus, ma in questo caso facoltativo).
Una volta concluso il dottorato di ricerca si passa attraverso un nuovo concorso pubblico per entrare nel mondo dell’insegnamento accademico. Il primo step corrisponde all’assistente universitario, a cui segue il ricercatore a tempo determinato. Si tratta di uno o una studiosa che ottiene un assegno di ricerca per un determinato ambito: in genere sono contratti che hanno una durata triennale e al termine di questo è possibile accedere alla carica di Professore di II fascia (una volta ottenuta l’abilitazione nazionale). In alternativa, è possibile divenire assegnisti di ricerca. In questo caso la durata è molto variabile e strettamente legata alla ricerca che si conduce: in genere si passa da minimo un anno ad un massimo di tre anni. L’assegnista può essere rinnovato per più volte ma la durata massima dei suoi contratti non può superare i sei anni complessivi. Inoltre, è bene specificare che si può essere prima assegnisti di ricerca e poi ricercatori a tempo determinato o viceversa: l’importante è che la durata totale delle due tipologie contrattuali non sia superiore ai 12 anni.
Prima di diventare professore titolare di una cattedra a tempo indeterminato è possibile passare attraverso un altro step, quello del professore straordinario a tempo determinato. Anche in questo caso in genere si tratta di contratti triennali, che possono essere rinnovati per ulteriori tre anni. Facendo un ragionamento puramente anagrafico, è possibile diventare dottori di ricerca a poco meno di 30 anni di età ma è raro (quantomeno in Italia) che si arrivi alla cattedra universitaria prima dei 40. L’età media tra gli atenei nostrani, infatti, è di 51,1 anni, mentre solo il 28,8% rientra nella fascia 40-49 anni. Introvabili gli Under 30, solo lo 0,2% del totale.